TRIBUNALE GROSSETO: NO AL RISARCIMENTO IN FAVORE DELLA LAC

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Dopo una lunga battaglia legale, finalmente la buona notizia che il Tribunale di Grosseto ha emesso una importante sentenza destinata ad aprire un precedente di estrema importanza per il meccanismo collegato al risarcimento in sede civile, in favore delle Associazioni ambientaliste ed animaliste, in caso di condanna penale per un reato venatorio commesso da un cacciatore.

Un “sistema” usato da parte di dette associazioni e nel caso specifico della sentenza dalla LAC (Lega abolizione della Caccia) che in caso di condanna chiedevano anche al cacciatore un risarcimento per “il danno subito”.

Il Giudice, ha stabilito che viene meno l’automatismo che a fronte di un illecito penale attribuibile all’esercizio venatorio, possa far sorgere in capo ad una associazione ambientalista, (magari la stessa a cui appartengono le guardie che hanno accertato il reato), il diritto di poter esigere da parte del cacciatore, un risarcimento economico.

La sentenza ha visto come protagonista della difesa, l’Avvocato Elisa Ferraro assieme all’Avv. Romano Lombardi.

La dott.ssa Ferraro fa parte del Coordinamento Legale della Confederazione Cacciatori Toscani, assieme a numerosi altri colleghi operanti sul territorio regionale e specializzati sulla materia venatoria.

La Confederazione, attraverso le proprie associazioni confederate, è impegnata da tempo su questa battaglia specifica che riguarda diverse decine di casi in Toscana.

Un ringraziamento dunque ai qualificati professionisti che hanno ottenuto questo importante risultato.

Un risultato sottolineato a caldo da una dichiarazione del Presidente Provinciale della Federcaccia di Grosseto Davide Senserini che nella sua qualità di coordinatore provinciale della CCT grossetana ha dichiarato – “Questa sentenza è importantissima per i cacciatori. Chi sbaglia deve pagare, sono il primo a sostenerlo, ma una volta regolato il conto con la giustizia non è accettabile essere messi di nuovo alla gogna per mere posizioni ideologiche. Non è più giustizia, è discriminazione nei confronti di cittadini che svolgono un’attività che può piacere o non piacere, ma che è lecita e severamente normata”.