IL PROBLEMA NON SONO I CONTROLLI, MA COME AVVENGONO

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Sulla manifestazione che ha visto protagonisti qualche migliaio di cacciatori a Brescia, dalle sigle ambientaliste e animaliste e parte del mondo politico è stata trasmessa a media e cittadini un’immagine fortemente distorta e negativa. Ma come stanno veramente le cose?

“I cacciatori protestano contro i controlli”. “A Brescia le doppiette sfilano per essere libere”. Questi e altri titoli sono stati dedicati alla manifestazione organizzata venerdì scorso a Brescia, trasmettendo l’immagine di un popolo di trasgressori che chiedono l’impunità. Occorre precisare dunque, e già questo la dice lunga sul clima ormai creatosi attorno alla caccia, che le Associazioni venatorie presenti, fra le quali Federcaccia Lombardia e in particolare il Provinciale di Brescia con il suo presidente Marco Bruni, e i partecipanti non sono affatto contro i controlli per evitare l’uso di richiami elettronici e abbattimento di specie protette o contro l’impiego e il commercio di richiami vivi di provenienza illecita. La lotta al bracconaggio e agli illeciti venatori non è infatti una esclusiva delle sigle anticaccia e vede ogni giorno in campo anche il mondo venatorio con le proprie guardi, con analogo impegno, ma solo minore spettacolarizzazione.

La manifestazione di Brescia riguardava non la sostanza, ma solo e soltanto le modalità dei controlli relativi ai richiami vivi, perché legate alla circostanza che gli anellini obbligatoriamente apposti ai richiami e oggi riconosciuti dalla Regione Lombardia sono risultati già così come usciti di fabbrica per oltre l’80% fuori dalle tolleranze dichiarate dal produttore e devono essere sostituiti. Una circostanza emersa anche da uno studio di Federcaccia Brescia, che ha affidato a una società specializzata in misurazioni di precisione certificate la verifica di anellini nuovi.

A questo si aggiunge che essendo realizzati in alluminio molto sottile sono soggetti a deterioramento e deformazione nel tempo, per cui dovrebbero essere realizzati con materiale indeformabile, proprio per evitare pratiche illecite e garantire la tranquillità ai cacciatori.

Vale la pena sottolineare la circostanza, forse sconosciuta agli stessi che plaudono a questo genere di operazioni, che nel giro di pochi giorni, i richiami sequestrati, dopo aver rimosso l’anellino, che viene tagliato e dunque diviene impossibile accertarne la regolarità o meno, vengono rilasciati in natura, dove moriranno tutti, non essendo avvezzi alla vita libera.

Da questi problemi oggettivi nasce la richiesta di una sanatoria: dal momento che gli anellini oggetto di contestazione non sono scelti dai cacciatori, ma gli unici riconosciuti dalla Regione, è questa che si deve – ancora una volta – assumere la responsabilità delle proprie scelte senza farle ricadere su cittadini che si sono limitati a osservare le norme.

Discorso a parte, ma altrettanto importante, la modalità con cui i controlli vengono effettuati. È stato riferito più volte, e su questo chiederemo di verificare a chi di dovere, di controlli vessatori, condotti con un numero di agenti, fra i quali volontari delle associazioni anticaccia, sproporzionato alla reale necessità, con maniere ruvide, che facilmente inducono in uno stato di soggezione, quasi che il controllato fosse un pericoloso criminale colto in flagranza di reato e non un cittadino che sta praticando una attività consentita dalla legge.

I motivi per una pacifica e ordinata protesta, ben differente da altre che in questi giorni stanno attraversando il Paese, ci sono tutti e invitiamo a riflettere quanti la hanno contestata, politici in testa. Un esempio fra tutti l’onorevole Maria Vittoria Brambilla. L’onorevole, da tempo più impegnata come conduttrice televisiva animalista che come parlamentare, dalle pagine del “Corriere della sera” ha tuonato affermando che i cacciatori si dovrebbero vergognare di protestare per i controlli. Oltre a distorcere la realtà, cosa direbbe l’on. Brambilla se nel corso di un controllo stradale di routine lei o un altro qualsiasi cittadino, fossero interpellati in malo modo, costretti in modo brusco a uscire dalla macchina e tenuti bloccati per ore senza possibilità di avvertire nessuno mentre l’operatore di polizia procede nel controllo dei documenti?

Quindi no, onorevole. Non sono i cacciatori a doversi vergognare di protestare per le cose che non vanno bene, ma piuttosto chi, come lei, per seguire una ideologia li giudica a priori responsabili di colpe che non hanno.