IL CINGHIALE: MOLTO PIÙ ITALIANO DI QUANTO SI PENSI

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Per anni ci siamo sentiti ripetere che il problema dell’esplosione demografica del cinghiale fosse dovuto in buona parte alla sostituzione e/o ibridazione dei cinghiali maremmani con soggetti importati dal nord Europa più grossi e prolifici e all’ibridazione con i maiali domestici.

Una studio di genetica molecolare ha però enormemente ridimensionato questa convinzione. L’analisi del genoma di 134 capi abbattuti in 6 aree della penisola e in Sardegna, ha evidenziato che le popolazioni italiane, sebbene molto eterogenee, sono ben differenziate da quelle europee e presentano anche un minore variabilità genetica. Inoltre i segni di introgressione* sia da cinghiali non italiani che da suini domestici sono apparsi molto limitati.

Sembra quindi che la componente nativa della variabilità genetica di buona parte delle popolazioni italiane di cinghiale, sia nettamente prevalente rispetto a quella di carattere esogeno e che le manipolazioni di carattere antropico (immissioni, incroci e ripopolamenti) abbiano avuto un effetto molto inferiore rispetto a quanto finora ritenuto.

L’enorme crescita delle popolazioni di cinghiale è pertanto da ricercarsi principalmente nelle trasformazioni ambientali che hanno caratterizzato il nostro paese, mentre le manipolazioni e i cambiamenti genetici subiti da questa specie hanno avuto un ruolo quasi insignificante.

*(incorporazione di geni da specie, sottospecie o varietà diverse)

Scandura M. et al. Resilience to historical human manipulations in the genomic variation of Italian wild boar populations. Frontiers in Ecology and Evolution: 2022, 69. (Fonte Gestione Faunistica – Pagina Facebook https://www.facebook.com/gestionefauna)