CIC. PUBBLICATA UNA RICERCA SUL CERVO DELL’ACQUERINO

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La Delegazione nazionale italiana del CIC come è ormai tradizione ogni fine anno, ha dato alle stampe un approfondimento su aspetti poco conosciuti della fauna selvatica autoctona italiana.

Nella consueta veste grafica è stata pubblicata la ricerca condotta dal dr. Stefano Mattioli sulla popolazione di cervo rosso insistente nell’areale dell’Acquerino: crinale tosco emiliano sui versanti pistoiese e bolognese.

L’impressionante archivio utilizzato dal dr. Mattioli, è bene ricordarlo, deriva da molti decenni di lavoro volontario fatto dai cacciatori formati come misuratori biometrici con metodo ISPRA, valutatori certificati CIC, raccoglitori di palchi.

Il pregio dello studio è di rappresentare un unicum per le seguenti ragioni: la popolazione discende da un unico maschio e da alcune femmine provenienti dal tarvisiano e rilasciati dalle Guardie del Parco nell’Acquerino da dove, dopo un periodo di acclimatamento durato alcuni anni nel territorio è iniziata la diaspora verso i territori venatori pistoiesi e bolognesi; di essere stati monitorati fin da subito da numerosi ricercatori, tra i quali l’autore dello studio, seguito dalla raccolta capillare e puntuale fatta sul prelevato.

La difformità del territorio è evidente: sul lato toscano prevalentemente oliveti e macchia mediterranea con scarsità di acqua, sul lato nord bolognese, al contrario, ricca vegetazione per la copertura, inverni più nevosi ma risorse quasi illimitate di pascoli, castagne, ghiande e faggiole.

Questo ha portato in pochi decenni (un lasso di tempo incredibilmente breve) a un diformismo evidente in termini di peso in ogni classe di età e genere, e dei palchi che nel tempo hanno avuto una notevole evoluzione: da palmati particolarmente ricchi di punte ad una attuale struttura più aderente agli standard della specie anche se accenni di palmatura sono ancora riscontrabili, ovviamente più sul lato nord che in quello al sud.

Avendo escluso la genetica per l’esiguo nucleo fondante, l’evidente divaricazione della popolazione evidenziata dalla ricerca sarebbe riconducibile solo dal fattore ambientale e questo dimostra l’adattabilità della specie e la sua velocissima e impressionante plasticità, non scontata prima di questa analisi.