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GLI ITALIANI E LA CACCIA
La prima area esplorata è quella del rapporto personale degli italiani con la caccia, indicato dalla ‘torta’ qui sotto. È emerso un dato straordinario, quasi ignoto sin qui: ben il 48% dei nostri connazionali è in qualche modo vicino alla caccia o perché la pratica, o perché accompagna altri nelle loro attività venatorie, oppure perché ha famigliari o amici cacciatori, o infine perché è stato o è cacciatore.
In dettaglio, il 31% dei 18-80enni frequenta amici, colleghi, conoscenti che vanno a caccia e il 20% ha o ha avuto uno o più famigliari cacciatori (al netto delle duplicazioni si tratta del 38% del campione). Inoltre, il 5% è ex-cacciatore, il 2% va a caccia in Italia e/o all’estero, mentre il restante 3% accompagna altre persone a caccia ma senza sparare personalmente.
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I non cacciatori ma vicini a famigliari/amici/ecc. impegnati in attività venatorie sono il 38% del campione (18.0 milioni: specie ultra54enni, residenti nei comuni medio-piccoli, con la licenza media, appartenenti al ceto medio impiegatizio).
Gli ex-cacciatori sono il 5% e si caratte-rizzano per essere soprammedia uomini, anziani, residenti nelle regioni centrali, imprenditori/dirigenti/professionisti e salariati con l’aggiunta dei pensionati.
Coloro che vanno a caccia ma non sparano sono quasi il 3% (specialmente uomini, 45-64enni, diplomati e laureati, imprenditori/dirigenti/professionisti e pensionati). Il 2% è cacciatore.
Il profilo di chi va a caccia (il 2%: 980mila in Italia e/o all’estero) vede il predominio degli uomini (circa il 70% del totale) e il peso soprammedia dei 25-34enni, dei residenti nelle regioni ‘rosse’ (Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Marche), dei laureati, degli imprenditori/dirigenti/professionisti e – un po’ meno – dei commercianti/esercenti/artigiani e degli operai/commessi/braccianti.
Ciò smentisce la tesi, diffusa anche nel mondo venatorio, per cui andare a caccia sarebbe un’attività prevalentemente ‘vecchia’ e propria dei gruppi sociali più ‘bassi’ e marginali. La seconda area analizzata è quella del favore per la caccia. La sintesi è espressa nella ‘torta’ riportata nella pagina seguente, la quale segnala la sostanziale equipollenza dei critici (41%) e dei sostenitori o addirittura fans (40%), col restante 19% che non esprime giudizi oppure indica valutazioni ambivalenti (in parte positive e in parte negative)
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Tra i critici si ritrovano al di sopra della media le donne, i 35-64enni, i residenti al sud e nelle città con più di 250mila abitanti, i diplomati, gli impiegati/quadri/insegnanti e le casalinghe. All’opposto, i fautori sono specialmente uomini, 25-34enni e 65-80enni, residenti al di sopra della linea che unisce Grosseto ad Ascoli Piceno, abitanti nei comuni medio-piccoli, sia laureati sia con la sola licenza elementare o nessun titolo di studio, sia imprenditori/dirigenti/professionisti sia lavoratori autonomi/pensionati.
Gli astenuti o gli ambivalenti risultano soprammedia giovani e anziani, viventi in comuni con meno di 10mila abitanti, dotati della licenza media, casalinghe. In dettaglio, i giudizi negativi o almeno preoccupati circa la caccia riguardano la grave minaccia che essa può costituire per le specie animali a rischio di estinzione (49%: sono d’accordo anche numerosi sostenitori della caccia sostenibile e responsabile); la pericolosità dell’attività venatoria in quanto prevedente l’uso di armi (63%: qui l’accordo è generalizzato, poiché anche i cacciatori sanno che i fucili vanno maneggiati con prudenza); la violenza sulla natura da parte dell’uomo (53%).
Le valutazioni pro-caccia, invece, insistono sul fatto che essa è un’attività antica come l’umanità (57%: ma anche numerosi anti-caccia non si oppongono su questo punto); risulta severamente limitata e regolamentata da direttive europee, da leggi nazionali, da norme regionali e provinciali (32%); è utile per evitare che certe specie animali crescano troppo a danno di altre specie, dell’agricoltura, dell’ambiente (26%); costituisce un modo per mantenere l’equilibrio naturale (16%); consente di immergersi positivamente nella natura (12%).
È stato poi verificato il consenso sociale verso i cacciatori in Italia, la cui sintesi è espressa dalla ‘torta’ sotto riportata, la quale segnala che coloro che s’impegnano nelle attività venatorie sono oggetto di un giudizio più favorevole rispetto a quello che concerne la caccia: infatti, gli ostili ai cacciatori sono il 31% e i non interessati o ambivalenti il 15%, col risultato che la maggioranza (54%) si descrive come favorevole, seppur con intensità diversa (soprammedia sono qui gli uomini, i 18-24enni e specialmente i 65-80enni, i residenti nei comuni con meno di 30mila abitanti, i soggetti con titolo di studio medio-inferiore o inferiore, i pensionati e i lavoratori autonomi insieme con le casalinghe e i salariati, i membri di famiglie numerose).
All’opposto, i critici sono più presenti tra le donne, i 35-64enni, nel nord-est e nei comuni con più di 250mila abitanti, tra i laureati e i diplomati, nel ceto medio impiegatizio e tra le casalinghe, nei nuclei familiari con 2-3 componenti.

Ma altre valutazioni negative risultano assai più severe: il 38% li dice pericolosi per sé e per gli altri, il 28% li vuole aggressivi e violenti, il 26% li percepisce cattivi e inumani, il 15% li valuta antipatici o addirittura odiosi. Cruciale è, anche in questo caso, la questione dell’informazione sulla caccia, che è stata ampiamente approfondita verificando in primo luogo la conoscenza di diciotto limiti all’esercizio della caccia, esistenti – a volte da molto tempo – nel nostro Paese. La tabella riportata nelle pagine 6 e 7 mostra, appunto, la notorietà di tali vincoli, solo cinque dei quali risultano conosciuti da almeno la metà del campione.
Tirando le somme, si osserva una grande ignoranza: il 45% dei nostri connazionali non sa niente o quasi dei limiti alla caccia imposti dalle normative attuali; il 28% ne conosce solo alcuni; non più del 27% risulta ampiamente informato. Entriamo nel merito.
Il fatto è che solo il 32% (in particolare gli anziani, i residenti al nord e nei comuni medio-piccoli, i pensionati e le casalinghe con i lavoratori autonomi e gli studenti, i soggetti con la licenza media o elementare) è davvero ben conscio del fatto che in Italia le attività venatorie sono permesse con vincoli assai rigidi. Appare chiarissimo che, qualora la pubblica opinione fosse resa largamente edotta del fatto che in Italia non è consentita la caccia ‘selvaggia’, il favore per l’attuale attività venatoria, in quanto responsabile e sostenibile, crescerebbe in misura consistente.
Nell’insieme comunque, il voto medio dato alla caccia responsabile e sostenibile – in una scala da 1/minimo a 10/massimo – è pari a 6.2. A proposito di informazione, è stato chiesto agli intervistati di indicare se e quanto fossero informati del recente e vivace dibattito parlamentare sull’applicazione delle norme europee in Italia. Ebbene, è emerso che il 36% non ne sa assolutamente nulla, il 39% ne ha sentito parlare ma solo vagamente, il 21% dispone di alcune informazioni in merito e solo il 4% si racconta come assai informato (in questo caso - significativamente - di più i cacciatori, gli ex-cacciatori, i vicini al mondo venatorio oltre agli uomini, agli ultra34enni, ai residenti nelle regioni ‘rosse’, ai laureati, ai ceti superiore e autonomo).
Ma quali sono le fonti d’informazione da cui gli italiani hanno ricevuto notizie e/o commenti sulla caccia negli ultimi anni? La tabella riportata nella pagina che segue ne segnala con chiarezza la classifica.

L’analisi degli incroci tra le fonti dichiarate e l’atteggiamento nei confronti della caccia aiuta a capire quali sono le fonti che più incidono positivamente sull’immagine delle attività venatorie e di quelle che – all’opposto – più contribuiscono a determinarne un’immagine sociale negativa.
Ebbene, il goodwill per la caccia è maggiore della media se il soggetto è esposto al ‘tam tam’ di famigliari/amici/conoscenti; alle emittenti televisive locali; al canale dedicato di Sky; a Internet (siti, portali, blog, social forum, ecc.); alla radio; ai periodici specializzati in caccia e armi (Armi e Tiro, Armi Magazine, Armi e Munizioni, Caccia+, Caccia e Cani, Caccia e Tiro, Diana, Sentieri di Caccia, ecc.); alla propria esperienza personale; ai quotidiani specializzati (in sport, economia, ecc.); ai libri/enciclopedie/dispense; ovviamente alle organizzazioni venatorie. Esso risulta, invece, minore della media se l’intervistato è stato ed è informato/orientato dalle associazioni ambientaliste/animaliste, dai quotidiani nazionali non specializzati, dai politici/amministratori regionali e locali.
L’influenza è solo moderatamente positiva per la televisione nazionale generalista e gratuita (RAI, Mediaset, La7, ecc.); i quotidiani locali e regionali; i periodici non specializzati; i canali satellitari a pagamento di Sky (escluso ‘Caccia e Pesca’) e Mediaset Premium.
È stato quindi chiesto agli intervistati di delineare il proprio autoprofilo, indicando – all’interno di un elenco di 24 caratteristiche psico-culturali – quali di esse li descrivano adeguatamente. I risultati sono espressi nella tabella che occupa l’intera pagina seguente.
È interessante indicare quali delle suddette caratteristiche sono correlate al favore per la caccia: ciò vale per l’essere una persona ottimista e fiduciosa, che non ama la vita urbana, attiva e dinamica, non disdegnata e disprezzata dagli altri, non aggressiva e litigiosa. È vero, peraltro, che i soggetti con elevata Forza della Personalità - dunque capaci di influenzare gli altri e di attivare fenomeni ‘virali’ - non sono significativamente né pro-caccia né anti-caccia (collocandosi tra gli ambivalenti), mentre gli ecologisti e gli animalisti rafforzano assai le schiere degli anti-caccia (il che vale anche per coloro che dichiarano di attivare regolarmente comportamenti eco-sostenibili nella loro vita quotidiana).

Per concludere, sulla base di tutte le informazioni contenute in questa vasta indagine demoscopica è stata costruita – utilizzando l’analisi fattoriale e la cluster analysis – una tipologia ad hoc, sintetizzata nella ‘torta’ riportata nella pagina seguente. Dalla lettura di tali dati emerge il principale risultato di questo studio: il 47% degli italiani 18-80enni è – con maggiore o minore intensità – ostile all’attività venatoria (prevalgono qui le donne, gli ecologisti, gli elettori dal centro sinistra all’estrema sinistra), mentre i filo-caccia costituiscono un’esigua maggioranza: senza riserve il 22% del campione (con prevalenza dei maschi, anche giovani) ma con il ‘tipo’ di maggioranza relativa (33%: al di sopra della media maschile, men che 45enne, con scolarità e reddito medi, moderato e cioè estraneo alle posizioni estreme) - quello decisivo - favorevole alla caccia solo se normata, limitata, responsabile e sostenibile.

In altre parole, se la partita viene giocata tra i ‘fondamentalisti’ anti-caccia e quelli filo-caccia, essa è e sarà sempre vinta dai primi. Se il mondo venatorio, invece, saprà conquistare consensi all’idea e alla pratica della caccia sostenibile, esso potrà godere di un sostegno maggioritario e sempre più esteso all’interno della popolazione .
PER APPROFONDIRE: i dati per Regione
- Nel Triveneto il 53% si dichiara favorevole alla caccia
http://www.federcaccia.org/news_show.php?idn=1410
- Gli Italiani e la caccia: grande successo la presentazione a Milano (febbraio 2011)
http://www.federcaccia.org/news_show.php?idn=1396
- Gli Italiani e la caccia: la ricerca presentata in Toscana dove la maggioranza è a favore della caccia (dicembre 2010)
http://www.federcaccia.org/news_show.php?idn=1331&index.php
- La ricerca "Gli Italiani e la caccia" fa tappa in Umbria (novembre 2010)
http://www.federcaccia.org/news_show.php?idn=1304
- Anche al Sud prossa la caccia responsabile e sostenibile (Maggio 2011)
http://www.federcaccia.org/index.php